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  Valutazione del Rischio nelle Camere Iperbariche

In caso di "pericolo" il rischio per la salvaguardia della vita umana, nelle Camere Iperbariche, è altissimo infatti, le C.I. sono delle strutture confinate dalle quali non è possibile allontanarsi immediatamente (decompressione immediata) senza causare malattie da decompressione, ed in ogni caso anche se si accettasse il rischio di un problema da barotrauma la cosa sarebbe difficile a realizzarsi tecnicamente.

Ecco quindi la necessità di approntare mezzi idonei per prevenire e risolvere ogni situazione di emergenza al fine di ridurre e in taluni casi rendere minimo il rischio.

Al fine di rendere più evidente gli aspetti che dovranno essere presi in considerazione per portare ad una diminuzione del rischio daremo nel seguito una formulazione analitica della funzione rischio, f(r):

f(r) = f x m

"la funzione rischio è una funzione prodotto di due variabili statisticamente dipendenti tra di loro:

  • f= frequenza, ovvero probabilità di accadimento dell’evento rischio,
  • m= magnitudo, ovvero danno conseguente al rischio."

È mostrato statisticamente che le due variabili hanno un andamento l’una inversa all’altra, e la funzione matematica che rappresenta il rischio è un’iperbole equilatera, ovviamente, per il significato fisico del rischio che è un’entità positiva, la sola parte relativa al primo quadrante.

F(r) = f x m

f = frequenza (r) prevenzione

m = magnitudo (r) protezione

fig. 1 - Esempi di curve del rischio.

Consideriamo, allora, due curve del rischio: R1 ed R2 con R2 > R1.

Preso un punto sulla curva R2 è facile comprendere che per ridurre il rischio, corrispondente a quella data situazione, si può agire in due modi:

  • diminuire la magnitudo, ovvero ridurre i danni, e quindi aumentare i dispositivi di protezione;
  • diminuire la frequenza, ovvero ridurre la probabilità di accadimento, e quindi aumentare la prevenzione, cioè formando, sensibilizzando e procedurizzando i fruitori del servizio a cui corrisponde un certo rischio.

Nella maggior parte dei casi un’azione sinergica dei due componenti porta ad una soddisfacente riduzione del rischio.

Prima di poter dire, in campo Iperbarico, su quale dei due termini deve essere posta maggiore attenzione, cominciamo ad esaminare il fenomeno della combustione che ha luogo in un ambiente chiuso.

Esaminiamo dapprima situazioni in cui la percentuale di ossigeno e la pressione sono quelle normali (%O2 = 21% e p = atm.), e successivamente il caso di percentuali di ossigeno e pressione maggiori.

Il fenomeno della combustione in un ambiente chiuso e a condizioni di ossigeno e pressioni ordinarie è rappresentato dal diagramma di fig. 2.

fig. 2 – Diagramma tempi Temperatura durante un incendio sviluppatosi in ambiente chiuso (%O2 = 21%).

Molte sostanze, una volta che sono portate, in presenza di ossigeno, a temperature elevate, anche limitatamente ad una piccola parte del loro volume totale, cominciano e continuano a bruciare per proprio conto sviluppando calore.

Questo fenomeno di combustione si dice accensione e la minima temperatura perché avvenga si dice temperatura di accensione. L’evoluzione del fenomeno, per la maggior parte dei combustibili solidi, ha uno sviluppo iniziale piuttosto lento.

Ciò è dovuto alla limitata parte del combustibile che viene a contatto con l’ossigeno e da luogo alla reazione.

Durante questa fase quando la temperatura della reazione tende ad un determinato valore, detto flash point o flash over, il combustibile solido comincia ad evaporare; dallo stato solido passa a quello gassoso (sublimazione).

In questo modo le particelle combustibili sono ora completamente avvolte dall’ossigeno e bruciano molto rapidamente (donde il nome di flash). La curva di combustione si impenna rapidamente sino alla massima temperatura (Tmax); da questo punto in poi la temperatura comincia a decrescere, inizia la fase di spegnimento: tutto il combustibile è stato consumato dalla reazione di combustione.

A causa delle elevatissime temperature che competono al punto di flesso della curva è possibile attuare interventi di protezione solo nella parte a sinistra del punto di flash over; ovvero solo nell’intervallo di tempo [t0, t1], ciò è quanto avviene nella progettazione degli interventi protettivi negli incendi ordinari.

Esaminiamo ora una curva tempo Temperatura relativa ad atmosfere che hanno una percentuale di ossigeno maggiore di quella ordinaria (%O2>21%).

Risulta evidente una diminuzione dell’intervallo di tempo [t0, t1]. Infatti, poiché la quantità di calore (che dipende unicamente da combustibile) sviluppata dalla reazione è sempre la stessa, dovendo riscaldare un volume minore di fumi (l’azoto e gli altri gas che non partecipano alla reazione sono ora in minor misura), si possono raggiungere temperature più elevate in minor tempo.

Il caso limite è l’esempio del cannello ossidrico e ossiacetilenico dove le elevatissime temperature (realizzate quasi istantaneamente) sono assicurate dall’atmosfera, che si viene a creare nel cannello, ad ossigeno puro.

Anche in questo caso un eventuale intervento di protezione deve essere sviluppato necessariamente nella fase a sinistra del punto di flash over. Tuttavia, come abbiamo fatto notare, l’intervallo di tempo [t0, t1] tende a divenire sempre più piccolo quanto maggiore è la percentuale di ossigeno, rendendo sempre più improbabile l’attuazione dell’eventuale intervento di protezione.

È proprio quest’ultima considerazione che ci dà l’evidenza oggettiva che ad una minimizzazione della funzione rischio si arriva, in maniera corretta, agendo particolarmente sulla frequenza f, ovvero sulla prevenzione. Necessita quindi realizzare un particolareggiato piano di valutazione dei rischi, attuare procedure operative per la gestione dell’impianto e delle terapie, ed in ultimo – ma non per ultimo – un sistema di assicurazione della qualità come previsto dalle linee guida dell’ISPESL.

fig. 3 – Relazione tra due curve tempi Temperatura con %O2 uguali e maggiori del 21%.

C’è tuttavia da osservare un fenomeno che potrebbe (ed è accaduto nell’incidente di Milano) accadere in Camera Iperbarica: formazione di sacche di ossigeno in zone limitate della camera.

In questo caso solo limitatamente si hanno i problemi prima sviluppati, ma nelle altre zone della camera l’incendio si propaga in maniera "normale" e quindi ha senso operare, congiuntamente alla prevenzione, interventi di protezione.

Questi consistono ovviamente nel ridurre il carico d’incendio in camera limitando la presenza di materiali combustibili, ed accettando materiali con grado di reazione al fuoco di classe 0 o 1 ed inoltre realizzando un appropriato impianto antincendio centralizzato e localizzato comandato dall’interno e dall’esterno della Camera.

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